Le
decorazioni in stucco delle facciate genovesi: tecniche di realizzazione,
fenomeni di degrado e problemi di conservazione
By: Carla Arcolao (Dottorato di
Ricerca in Recupero Edilizio e Ambientale, Dipartimento DiPArc, Facoltà
di Architettura di Genova) e Luisa De Marco (Soprintendenza per i Beni
Architettonici e per il Paesaggio della Liguria)
Il presente saggio, già presente
in "Lo Stucco. Cultura, tecnologia, conoscenza", Atti del Convegno di Studi,
Bressanone 10-13 Luglio 2001, Venezia, Arcadia Ricerche 2001, è
stato gentilmente reso disponibile per il sito plasterarc.net dagli autori,
su richiesta del comitato scientifico.
Abstract
Genoa's facet is characterized by
the presence of many facades which are more or less strongly relief-decorated.
Actually, we get from almost all-round elements to high-relief and bas-relief,
realized with moulded plaster. The usage of this technique established
itself during XVIth century, when the town decided to give herself a new
image, in accordance with the great economic and politic changes around
fifteen-thirties. Plaster, so more versatile than stone material, was fit
to decoration which could camouflage profiles discontinuity and facades
irregularity, due to unification and melting of pre-existing buildings.
In many occasions plaster decoration, combined to the painted one, to stone
facing or to encrustment made of different materials, concurs to gain illusionistic
solutions with a peculiar suggestion.
Plaster elements whose function
is to regularize facades are mostly string-courses, tympanums, window labels
and cornices - all realized in lime "armed" with different materials and
elements. The decay often occurring to these constructive and "ornamental"
elements is generally due to weathering and pollution, but even to a lack
of upkeep, to unplanned fixtures upgrading and, not least, to "questionable"
repairs. Intervention on plaster handmade elements surely puts technical-practical
problems, but also theorical-methodological questions, up until now just
incompletely faced.
In this contribution are shown the
first results of a census of Genoese outdoor elements made in moulded mortar.
Moreover, the aim is to suggest some hints of reflections, solicited by
concrete examples and by practices currently, and often unsuccessfully,
adopted to restore such handmade elements, just to think over the reasons
for an intervention and the ways to concretely operate on plasters.
Assumiamo come pretesto per l'avvio
delle nostre riflessioni la definizione del termine stucco riportata nel
Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica, secondo il quale
il termine deriva: "Dal longobardo stuhhi, crosta; [e indica un] amalgama
in cui giocano, in combinazioni diverse, elementi vari: calce spenta, gesso,
sabbia, polvere di marmo, miscele di cemento; usato come rivestimento protettivo
di superfici architettoniche, come supporto di pitture parietali, come
decorazione e per figurazioni a rilievo e a tutto tondo" (1). E' una definizione
in certo senso troppo "generale" in quanto si riferisce sia ad un materiale
sia ad un manufatto, anche se questo carattere sembra appartenere anche
ad altre definizioni, attuali o meno recenti (2). Anche i testi del passato,
infatti, intendono per stucco qualsiasi impasto per decorazioni plastiche
o per rivestimenti superficiali di finitura che abbia come leganti principali
il gesso e/o la calce (da soli o miscelati con altre sostanze): questo
termine veniva pertanto utilizzato per indicare un composto per finiture
in senso parzialmente indipendente dalla composizione della malta utilizzata.
In tal senso, la parola ha conservato per molti secoli il suo significato
etimologico: infatti è di "incrostazioni di stucco" che parlano
gli autori rinascimentali, riferendosi però, quasi esclusivamente,
a composti a base di calce e polvere di marmo o travertino utilizzati per
imitare i rivestimenti marmorei dellíarchitettura classica. Per gli architetti
dellíepoca, lo stucco era un sostituto economico della pietra: "non di
pietra da scalpello ma di cotta ora che non costerà la metà
e sarà durabile come di pietra da scalpello perché la cotta
ora che si ha trovato il stucco se istuccherà e come si vede tale
stucco si converte in sasso perché è fatto di sasso" (3).
Ma già alcuni autori con il termine stucco intendevano anche composti
diversi, utilizzati per riempire cavità o commessure (cfr. F. di
Giorgio Martini). Si possono così, sulla base di alcune definizioni
tratte da dizionari ed enciclopedie e di una breve panoramica sulla trattatistica,
delineare tre grandi famiglie di composti che ricadono sotto la generica
denominazione di stucchi. La prima corrisponde alle malte a base di calce
e polvere di marmo utilizzate nel rinascimento per imitare rivestimenti
più nobili (colla di marmo, stucco forte, stucco romano, ecc.) da
cui derivano i marmorini, lo stucco lucido e lo stuckmarmor tedesco delle
epoche successive. La seconda corrisponde ai composti a base di calce,
calce e/o gesso (da soli o miscelati con altre sostanze) utilizzati per
modellare elementi plastici, figure a tutto tondo, cornici, ecc. L'ultima
infine corrisponde alle miscele dagli ingredienti più disparati,
accomunate dalla funzione collante o di riempimento di commessure e discontinuità,
denominate indifferentemente mastici per stuccature o stucchi (ad es. s.
da vetraio, s. da falegname, ossia associati al tipo di impiego). I brevi
cenni che seguono intendono solo richiamare, con il ricorso ad alcuni episodici
rimandi alla letteratura, l'ambiguità di significato che la parola
porta con sé e la varietà di impieghi cui la materia stucco
può prestarsi.
(C. A.).
Genua, non solo picta
Nell'immaginario collettivo, i borghi
liguri e, in particolare, la città di Genova sono presenti per i
vividi colori delle facciate e per le decorazioni su di esse dipinte. Genova
città dipinta, allora, come ben recitava il titolo di una mostra
allestita a corredo di un convegno su tale tema, tenutosi nel 1982, ma
anche o forse, soprattutto, città di stucchi, se solo si osservano
i fronti edilizi che si affacciano sulle sue strade. Il volto di Genova
è infatti caratterizzato dalla presenza di numerose facciate ornate
con decorazioni a rilievo più o meno accentuato. Si passa da bassorilievi,
a altorilievi e a elementi quasi a tutto tondo, realizzati con malta modellata.
L'uso di questa tecnica si è affermato nel corso del XVI secolo,
quando la città decise di darsi una nuova immagine, rispondente
alle grandi trasformazioni economico- politiche avvenute intorno agli anni
'30 del Cinquecento. Lo stucco, assai più versatile del rivestimento
lapideo, ben si prestava alla realizzazione di decorazioni che mimetizzassero
le discontinuità dei profili e le irregolarità dei prospetti
di palazzi frutto di accorpamenti e rifusioni di edifici preesistenti.
In molti casi la decorazione a stucco, associata a quella pittorica, al
rivestimento lapideo o alle incrostazioni polimateriche, concorre alla
creazione di soluzioni illusionistiche di particolare suggestione.
Molteplici sono anche i materiali
più pregiati che, con lo stucco, sono stati imitati. A Genova, tra
il XV e il XVI secolo, epoca delle prime trasformazioni edilizie post-
medievali, si incontrano così intonaci colorati in pasta ad imitare
la tonalità della pietra di promontorio (4) e rifiniti in
superficie a simulare un paramento lapideo a conci squadrati. Successivamente,
i materiali più imitati sono stati invece il marmo di Carrara e
la pietra di Finale, talora addirittura i metalli, fino ad arrivare ai
primi decenni del XX secolo, quando anche in ambito genovese, si diffondono
le finiture in stucco a finto travertino.
Ritroviamo pertanto lo stucco ogniqualvolta
la città subisce una trasformazione: esso infatti diventò,
insieme allíintonaco dipinto, la soluzione più economica e ricca,
al contempo, di possibilità espressive per costruire facciate là
dove non ve níerano e per riconfigurare prospetti di edifici sconvolti
dagli adeguamenti interni o dai tagli urbani. Così, buona parte
dei fronti edilizi di Strada Nuovissima, oggi Via Cairoli, aperta intorno
al 1780 incidendo il tessuto medievale, fu riplasmata grazie al sapiente
uso dello stucco, ma analoghe considerazioni possono essere svolte anche
per le cortine edilizie "ricresciute" su altre cesure più tarde,
come quelle di via Carlo Felice (1825 circa) o di via San Lorenzo (1835
circa). Ancora, lo stucco è presente come materiale e tecnica prevalenti
per realizzare le facciate degli edifici costruiti durante la grande espansione
borghese della città, avvenuta nella seconda metà dell'Ottocento,
sulle pendici collinari alle spalle delle vecchie cinte murarie.
Gli elementi plastici cui si demandava
il compito di regolarizzare le facciate sono soprattutto le cornici marcapiano,
i cornicioni, i timpani e le mostre delle aperture, tutti realizzati con
malta di calce armata con materiali ed elementi diversi. E' sulle variazioni
di questi pochi elementi che si gioca líarticolazione e la singolarità
delle innumerevoli "facciate di stucco" che caratterizzano le strade della
città antica e moderna. La scelta aveva anche motivazioni tecniche,
connesse alle pratiche costruttive liguri, come ha rilevato G. V. Galliani
(5), poiché il rivestimento con strati consistenti di malta consentiva
di assorbire le irregolarità della superficie muraria, eseguita
con pietrame a spacco, scaglie lapidee inserite a forza e pochissima malta.
La differenziazione di colore nella decorazione pittorica e líarticolazione
degli spessori nella decorazione a rilievo permettevano, infatti, di nascondere
le discontinuità superficiali, come cavillature o macchie, che un
intonaco liscio e di colore omogeneo avrebbe potuto presentare per le variazioni
indotte dai tempi di presa e di indurimento della malta, dalle differenze
di spessori e di materiali della muratura, soprattutto in corrispondenza
delle aperture, dellíinnesto dei muri interni, o dellíinserimento delle
strutture orizzontali nel muro di perimetro.
(C. A.)
Le ragioni della banca dati
In questo contributo vengono esposti
i primi risultati di un censimento degli elementi "esterni" realizzati
in malta modellata a Genova. Non ci si propone una sistematizzazione tipologica
o tassonomica delle facciate e dei loro elementi a stucco, ma si intende
piuttosto illustrare un repertorio di esempi che permetta di comprendere
la ricchezza e la raffinatezza delle soluzioni costruttive adottate e líimportanza
sul piano architettonico, e a scala urbana, che il "fenomeno" stucchi ha
avuto e tuttora possiede a Genova.
Si presenta pertanto una prima selezione
di immagini da un archivio in via di costruzione che ha come chiavi di
lettura provvisoria non i tipi, le forme e gli stili degli stucchi ma alcuni
temi che permettono molteplici percorsi di lettura, come il ruolo che gli
stucchi ebbero nella ridefinizione dello spazio urbano, in quanto espressione
dellíadesione al gusto del momento, elementi decorativi comunque leggibili
anche con le visuali scorciate dei vicoli della città antica, espedienti
costruttivi per mimetizzare le irregolarità della muratura e i nodi
strutturali. A questi temi, come è naturale, molti altri se ne potrebbero
aggiungere nel prosieguo della ricerca e grazie agli approfondimenti degli
studi sulle caratteristiche tecniche e formali degli stucchi.
Líarchivio presentato vuole infatti
essere solo un punto di partenza per ulteriori riflessioni che consentano
di indagare le ragioni per le quali, e i modi in cui, sono stati realizzati
gli stucchi nei diversi edifici e nelle diverse aree della città,
non con líintento di rispondere a interrogativi di carattere storiografico
ma soprattutto come contributo ad una più consapevole pratica del
restauro e del recupero di questi manufatti.
Di seguito, si illustrano i criteri
con cui le immagini sono state selezionate e organizzate in tavole distinte,
delle quali la prima riporta esempi di facciate frutto di accorpamenti
e rifusioni di organismi edilizi preesistenti. I casi scelti rendono conto
dei modi in cui sono avvenute le trasformazioni che, di volta in volta,
hanno interessato líimpianto complessivo degli edifici (figg.1, 6, 9),
o la sola pelle (figg. 4, 7) che, talvolta, permette di riconoscere ancora
la permanenza di strutture più antiche (fig. 2). La seconda tavola
riguarda oltre le facciate che, in questo caso, appartenenti a fabbriche
di nuova edificazione, edifici per la residenza ma anche alcuni esempi
di costruzioni a destinazione speciale come il Collegio dei Gesuiti (fig.
2), la chiesa dei SS. Gerolamo e Francesco Saverio (fig. 3), líAlbergo
dei Poveri (fig. 4) e il Palazzo dellíAccademia (fig. 7). Nella selezione
si è cercato anche di individuare casi significativi rispetto alle
diverse epoche. La terza scheda presenta un primo repertorio di elementi
che corrispondono a discontinuità costruttive, come i portali e
le finestre, le cornici marcapiano e i cornicioni. La quarta tavola è
invece dedicata ad elementi diversi appartenenti alla grammatica degli
ordini, come i capitelli, le paraste o le trabeazioni, o aventi un ruolo
prevalentemente decorativo, come i fastigi, le ghirlande, le statue a tutto
tondo. Il degrado che spesso investe tali componenti costruttive e decorative
è generalmente imputabile allíazione degli agenti atmosferici e
inquinanti, a cause dipendenti dalle modalità di realizzazione,
ma anche ad una mancata manutenzione, a non pianificati adeguamenti impiantistici
e, non ultimi, a restauri ìdiscutibiliî. Nella quinta tavola sono perciò
riportati alcuni esempi di fenomeni di degradazione cui gli stucchi esterni
sono normalmente soggetti, soprattutto a caduta delle parti più
esposte, come gli spigoli, o delle porzioni superficiali di parti armate
con elementi metallici, soggetti ad ossidazione, disgregazione delle malte
ed erosione delle superfici. Proprio grazie a queste soluzioni di continuità
è spesso possibile cogliere la ricchezza della soluzioni costruttive
adottate e la maestria degli stuccatori nella scelta dei materiali da impiegare
per le armature. Si va infatti da elementi di recupero, come frammenti
di mattoni e di pianelle da pavimento, utilizzati come sostegno di modanature
o bugnati (ma si trovano anche i coppi, usati per formare le scanalature
delle paraste in palazzo Belimbau) si "passa" attraverso il canniccio e
i fili di ferro legati insieme per sostenere ghirlande o arti di figure
a forte rilievo o a tutto tondo, per giungere a pezzi speciali come le
lastre di ardesia appositamente sagomate per líarmatura dei capitelli della
chiesa di S. Giorgio o agli elementi metallici che sostengono uno dei balconi
del palazzo di Vincenzo Imperiale.
Líultima tavola riporta infine alcuni
esempi recenti di restauro di manufatti in stucco, ove possibile corredati
da immagini precedenti líintervento, che si offrono come spunti per aprire
una riflessione sulle pratiche con le quali correntemente, e spesso con
risultati deludenti, si opera su tali manufatti. Le immagini scelte illustrano
alcune soluzioni tecniche, tra le più praticate, come líapplicazione
finale di pellicole pittoriche coprenti che spesso rischiano di cancellare
i segni del modellato o, se stese indiscriminatamente, uniformano le superfici,
tradendo le intenzioni dei costruttori (fig. 9). Spesso poi, queste tinteggiature,
apparentemente applicate con intenti protettivi, ma utilizzate anche per
nascondere le irregolarità superficiali dovute a antiche risarciture
e a integrazioni, si sollevano e si staccano dal supporto, creando zone
di deposito del particellato e di raccolta dellíacqua piovana che contribuiscono
allíinnesco di nuovi meccanismi di degrado (fig. 6). Líintegrazione delle
mancanze, che va dalla semplice stuccatura delle fessure fino alla ricostruzione
di parti significative degli ornati o delle figure, costituisce uníaltra
operazione assai diffusa, che implica difficoltà di realizzazione
e incertezze negli esiti formali e di durata dellíintervento, legate alla
compatibilità tra i materiali, alle competenze e alla sensibilità
degli operatori nonché alle ragioni che governano le scelte dellíintervento.
I problemi connessi al restauro
degli stucchi sono infatti molteplici, certo non risolvibili nell'ambito
di un solo convegno, e toccano aspetti diversi, di natura teorico- metodologica,
tecnico- pratica e, non ultima, culturale.
Nel 1982 Clara Palmas Devoti osservava
díaltra parte che "le facciate dipinte di Genova [Ö] hanno la peculiarità
di non essere un fatto puramente decorativo ma sono anche sostanza di architettura,
ed è questo 'essere architettura' che rende così difficile
per esse il problema restaurativo" (6). Crediamo tuttavia che tale osservazione
valga anche per le facciate di stucco e che si debba forse ripartire da
considerazioni di questa natura per riflettere sulle ragioni del nostro
agire, affinché gli interventi non stravolgano líaspetto e il senso
che gli stucchi hanno avuto nella definizione degli spazi urbani della
città.
(L. D.M.).
Bibliografia di riferimento
E. De Negri, Ottocento e rinnovamento
urbano, Sagep, Genova, 1977.
E. Poleggi, P. Cevini, Genova, Editori
Laterza, Bari, 1981.
G. V. Galliani, Analisi del costruire
storico genovese, Sagep Editrice, Genova, 1984.
G.V. Galliani, B. De Batté
(a cura di), Analisi dellíarchitettura costruita. Quattro tesi della facoltà
di architettura su edifici storici liguri, Sagep Editrice, Genova, 1990.
L. Müller Profumo, Le pietre
parlanti, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova, Genova, 1992.
S. F. Musso, Genova città
piranesiana, in G. V. Galliani, S. F. Musso, Pietre e idee della città
costruita, Genova, 1994.
Note
1. Paolo Portoghesi (a cura di),
voce Stucco, in Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica,
Istituto Editoriale Romano, Roma, 1969.
2. Alla voce Stucco il Dizionario
della lingua italiana di G. Devoto, G.C. Oli, recita infatti: "Composto
plastico che si adopera per lavori di stuccatura, sia come preparazione
di superfici prima della lucidatura, sia per l'esecuzione di decorazioni
in rilievo. 2. Rilievo ornamentale ottenuto con lo stucco"; líEnciclopedia
Universale dellíArte riporta: "Le applicazioni dello stucco si estendono
dal semplice impiego di rivestimento protettivo delle costruzioni e di
supporto per pitture parietali fino alla sua utilizzazione plastica per
figurazioni a rilievo e a tutto tondo.[Ö]", infine líEnciclopedia Italiana
Treccani definisce lo stucco come "Öl'impasto di calce e pozzolana, miste
a polvere di marmo o gesso che si adopera sino da tempi antichissimi per
rivestire di uno strato omogeneo una superfici qualsiasi di opera architettonica
o statuaria, in vista di una successiva applicazione di colori".
3. La citazione è riportata
in A. Forcellino, La diffusione dei rivestimenti a stucco nel corso del
XVI secolo, in "Ricerche di Storia dellíArte", n.41-42, 1991, p.47.
4. Le analisi di alcuni campioni
di intonaco hanno dimostrato che il colore grigio era ottenuto aggiungendo
allíimpasto scorie di forgiatura macinate. T. Mannoni, Analisi di intonaci
e malte genovesi. Formule materiali e cause di degrado, in G. Rotondi Terminiello
e F. Simonetti (a cura di), Facciate dipinte. Conservazione e restauro,
Atti del convegno di studi ? Genova 15-17 aprile 1982, Sagep Editrice,
Genova, p. 141-149.
5. G. V. Galliani, M. P. Cattani,
Alcune note sui problemi tecnologici delle facciate dipinte a Genova, Ecig,
Genova, 1981.
6. Clara Palmas Devoti, Peculiarità
costruttive ed ambientali delle architetture dipinte genovesi ed aspetti
tecnici degli interventi restaurativi, in G. Rotondi Terminiello e F. Simonetti
(a cura di), Facciate dipinte. Conservazione e restauro, Atti del convegno
di studi - Genova 15-17 aprile 1982, Sagep Editrice, Genova, p. 133.
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