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Chiesa dei Santi Cosma e Damiano
Chiesa dei Santi Cosma e Damiano
Titolo: Il restauro delle decorazioni e degli arredi
Luogo: Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, Incisa Valdarno, (FI)
Data: 2006/2012
Esecuzione: Allievi Corso Restauro Dipinti e Affreschi, II e III anno, A.A. 2006/2012

Introduzione storica

La Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, comunemente detta Chiesa del Vivaio, cinta da un imponente porticato cinquecentesco in pietra serena con annesso il convento degli Osservanti francescani, ha origini molto antiche. Pare che alla fine del Duecento esistesse un oratorio dedicato alla Madonna e un monastero in cui le monache prestavano assistenza a viandanti e pellegrini, già allora doveva inoltre essere presente, come ricorrente nei complessi monastici, una peschiera, da cui il toponimo di Vivaio.
A conferma dell’antica vocazione del luogo e nel rispetto delle regole francescane, quando nel 1510 si insediano gli Osservanti questi stabiliscono un ospizio nei locali del vecchio monastero. Nel 1516 Papa Leone X concede ai francescani il permesso di costruire un nuovo convento ed una chiesa, suggerendo di dedicarla ai Santi Cosma e Damiano in onore del congiunto Cosimo de’ Medici.
Al 1538 risale la consacrazione della chiesa che, a conclusione dei lavori, si presentava a navata unica coperta da capriate e nell’insieme non molto lontana dalla struttura attuale, se non per il setto del coro di dimensioni più modeste rispetto a quelle odierne e per l’assenza delle due cappelle laterali.
Qualche anno dopo viene ristrutturato l’antico oratorio della Madonna decorato con affreschi, ora perduti, e trasformato in quella che è la prima cappella a sinistra della chiesa. Per simmetria, nel 1584, si erige sul lato opposto la cappella intitolata al Crocifisso. Intanto nel 1588, all’interno della chiesa, viene eretto il primo altare dedicato alla Concezione e destinato a diventare prototipo per gli altri tre altari che sarebbero stati realizzati nel secolo successivo.
Durante la prima metà del Settecento la chiesa e il convento subiscono importanti trasformazioni che assecondano il gusto tardo barocco dell’epoca.
La copertura lignea a vista della navata è sostituita da una volta in muratura ornata da decorazioni pittoriche mentre le finestre vengono arricchite da stucchi e intervallate da una serie di tele con santi francescani.
Anche la zona del presbiterio è interamente trasformata, si interviene con l’ingrandimento dell’arco trionfale, la costruzione della volta e della sovrastante copertura e le decorazioni a stucco del coro, che accoglie il dipinto dell’Immacolata Concezione. Anche il convento subisce modifiche, nel refettorio dove gli affreschi cinquecenteschi si erano irrimediabilmente rovinati, vengono realizzati Il Cenacolo e la Comunione degli Apostoli. Costretti dalle soppressioni napoleoniche a dover abbandonare il convento, dopo pochi anni i frati ne riprendono il possesso e grazie alle donazioni cospicue della comunità di Incisa e a singoli benefattori iniziano lavori di rinnovamento.
Nel 1864 si realizzano importanti interventi di restauro che interessano le decorazioni in stucco, gli arredi e i dipinti della volta e delle pareti. Diventato ormai esiguo il numero dei frati nel 1983 si assiste alla chiusura del convento.
 
Interventi di restauro

La Chiesa del Vivaio ospita una notevole quantità di opere d'arte e oggetti di arte sacra, si tratta di trenta tele, alcune delle quali dotate di cornici di ottima fattura, di un coro e di un organo monumentali, di oltre centonovanta opere lignee e novanta oggetti di arte sacra di diversi materiali, di opere in marmo e pietra e di un'estesa superficie ricoperta da intonaci e pitture murali su cui si è ritenuto necessario intervenire.
Alla fine del 2006 Palazzzo Spinelli inizia i lavori di restauro delle tele della Chiesa.
Nei propri laboratori fiorentini vengono trasferiti nove dei più importanti dipinti sui quali, sotto la direzione tecnica della Soprintendenza e il coordinamento di docenti esperti, intervengono gli studenti del terzo anno, già in possesso del titolo di Tecnico Qualificato. Per altri cinque dipinti, invece, non potendoli trasportare nella sede dell'Istituto date le notevoli dimensioni, vengono allestiti due laboratori di restauro dipinti all'interno del complesso conventuale. Il primo dipinto, l'ovale della Immacolata Concezione, dopo un lavoro intenso durato pochi mesi, torna al Vivaio interamente restaurato e riposto nella sua collocazione originaria al centro dell'abside. Grazie ad un ulteriore finanziamento della Soprintendenza, dopo il completamento della navata, hanno avuto inizio i lavori di restauro delle due cappelle laterali dove si è intervenuti con il descialbo delle decorazioni murali geometriche presenti su tutte le pareti e il recupero dei due altari laterali in marmo. Il restauro del grande dipinto del XVII secolo raffigurante Santi e Sante in adorazione chiude il lavoro dei 14 dipinti della Chiesa.
 
Allegoria dell'Immacolata Concezione e il progetto di restauro delle tele

Il grande quadro, firmato da Fabrizio Boschi e datato 1594, raffigura il tema dell'Immacolata Concezione con la Vergine seduta sulla falce di luna, tra i rami dell'albero del peccato originale al quale sono legati Adamo ed Eva. Sono presenti inoltre le figure di alcuni profeti e sulla destra una Santa martire (forse Caterina d'Alessandria) e un San Giovanni Evangelista che risultano inserti originali. Il dipinto è una raffigurazione tipicamente francescana, presente anche altrove nel Convento, che esalta l'Immacolata come espressione della Creatura  vincente sul maligno. Questa tela fa parte del gruppo di 5 dipinti insieme a Santi e Sante in adorazione, Cristo risorto tra San Paolo e San Bernardino, Sant’Antonio da Padova e Santi Cosma e Damiano, che, per le loro grandi dimensioni, non potendo essere trasferiti nei laboratori dell'Istituto a Palazzo Ridolfi vengono restaurati nei due laboratori appositamente allestiti ad Incisa.
 
Osservazioni preliminari sullo stato di conservazione dei dipinti
I cinque dipinti succitati, come del resto anche le altre tele della Chiesa, presentavano uno stato di conservazione simile a testimonianza dell’uniformità dell'esecuzione e dei danni causati dal tempo ma anche dai maldestri interventi dell’uomo. La collocazione dei dipinti rendeva difficile una reale valutazione dei danni, tuttavia erano leggibili quelli che in maniera più macroscopica ne deturpavano l’aspetto. Il supporto tessile, di canapa o lino, presentava strappi, mancanze ed evidenti allentamenti causati da un cattivo tensionamento dovuto alla presenza di un telaio ligneo fisso che ne aveva compromesso la planarità.
È stato inoltre riscontrato uno scollamento tra gli strati superficiali, una mancanza di adesione degli strati di preparazione e del film  pittorico al supporto tessile. Evidente la presenza di un pesante strato di polvere e sporco di deposito addizionato a nero fumo ed altri depositi a carattere grasso che avevano offuscato totalmente l'immagine pittorica.
 
Metodologia di intervento
Il progetto di restauro e le modalità di intervento previste per questa opera sono da ritenersi valide per tutte le altre tele. Dopo la fase di smontaggio e rimozione dell’opera dalla sua cornice dove presente, si è proceduto con la fase operativa vera e propria, durante la quale è stata fatta una valutazione reale dei danni e scelte le soluzioni ritenute più adatte. In seguito le tele sono state sottoposte a test relativi alla sensibilità di tela, preparazione e film pittorico a umidità, calore e solventi, al fine di valutare i materiali da usare per il recupero strutturale dell’opera.
Per proteggere la superficie pittorica è stata eseguita una velinatura con carta giapponese ed adesivi precedentemente testati, questa operazione ha consentito di lavorare sul retro della tela, la cui pulitura ha contribuito al recupero della planarità. Una volta ottenuta una planarità soddisfacente che ha permesso agli strati pittorici di recuperare senza deformazione alcuna lo loro sede originaria, i dipinti sono stati sottoposti all’operazione di consolidamento del supporto tessile e riadesione degli strati componenti il dipinto.
Contemporaneamente sono state preparate su appositi telai interinali le nuove tele di supporto, con struttura tessile il più possibile vicina all’originale.
Dopo il consolidamento i dipinti sono stati sottoposti al vero e proprio recupero strutturale, sono state risanate le interruzioni trama ordito, inseriti degli innesti tessili nelle mancanze di tela e sul retro applicato del velo di Lione, non solo per rinforzare queste zone ma anche per scaricare le forze di tensione. I dipinti sono stati poi rintelati e ritensionati su nuovi telai ad espansione e sottoposti ad una nuova fase di indagini fotografiche.
La pulitura del film pittorico è stata eseguita con solventi appositamente testati, operando attraverso il riconoscimento della diversa origine dello sporco di deposito. Tutte le lacune sono state stuccate con gesso da doratori e colla di coniglio e poi livellate e per permettere una continuità ottica è stata eseguita un’imitazione di superficie. Le lacune di maggior importanza sia dimensionale che formale sono state richiuse cromaticamente con acquerelli stesi con la tecnica del ritocco differenziato.
Il dipinto è stato poi saturato e protetto da uno strato di resina naturale stesa a pennello e tutte le lacune ultimate con velature a vernice.