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Firenze Capitale: le nuove piazze di Giuseppe Poggi
Del piano di ingrandimento di Firenze redatto da Giuseppe Poggi su commissione della Giunta Municipale per adeguare strutture e immagine della città al nuovo impegnativo ruolo di Capitale, si accenna qui solo quanto può interessare in funzione della creazione della cerchia dei viali e delle relative piazze poste lungo il suo tracciato. È tuttavia fondamentale ricordare come l'intervento del Poggi andasse a inserirsi in un progetto complessivo di rilettura della città, che aveva tra i suoi obiettivi quelli di ridisegnare la cinta daziaria, di difendere dalle inondazioni la città vecchia e i nuovi quartieri (anche attraverso la sistemazione del bacino idrologico dell'Arno e dei suoi affluenti), di risistemare fogne ed acquedotti, di riprogettare il tracciato delle strade ferrate e la localizzazione delle relative stazioni, di costruire un nuovo macello e il gasometro, di pensare alla posizione di nuove caserme e di un Campo di Marte e, ovviamente, di predisporre le aree dove avrebbero dovuto sorgere i nuovi quartieri per rispondere a una domanda che inizialmente fu stimata intorno ai 50.000 nuovi abitanti. Si tenga presente che tale cifra, almeno nell'immediato, non faceva che registrare un aumento della popolazione reale e assolutamente consistente: Firenze, che nel 1861 contava 114.568 abitanti, nel 1865 era già giunta ad avere una popolazione di 146.441 persone che, nel 1870, avrebbe toccato il tetto massimo di 194.001 unità. In tale situazione, l'abbattimento delle mura risultò fin dall'inizio l'indispensabile premessa per perseguire i tanti obiettivi del progetto, con la conseguente formazione "di un pubblico grandioso passeggio secondante la traccia delle medesime e comprendente la larghezza della via circondaria esterna ed interna", in modo da costituire un'area fortemente qualificata per congiungere la città storica con i nuovi insediamenti. Esempi in tal senso non mancavano: a Vienna, solo pochi anni prima, nel 1857, l'imperatore aveva decretato l'abbattimento della pittoresca cinta muraria per aprire un anello stradale (Ringstrasse) di notevole ampiezza e in fregio al quale posizionare vari edifici pubblici monumentali quali il palazzo della Borsa, l'Università, il palazzo Comunale, il Burghtheater e il Parlamento (ma a Londra, ad evitare sventramenti e demolizioni nel tessuto viario cittadino, nel 1863 si era optato per dare l'avvio ai lavori della metropolitana, formando un rapido tessuto viario di scorrimento sotterraneo che lasciava intatta la città). Si tenga presente come la cerchia muraria di Firenze avesse ovviamente perso da tempo l'originaria funzione difensiva ma ancora identificasse la barriera daziaria, sottolineando sia dal punto di vista sostanziale sia sotto il profilo formale un 'dentro' e un 'fuori', con una chiara connotazione negativa per il vivere extra-moenia dove, per altro, il Comune di Firenze non poteva vantare nessun possesso. Così, come è stato chiaramente sottolineato, "la presenza stessa delle possenti mura era avvertita come un ingombrante ostacolo alla affermazione dei principi positivisti di regolarità, decoro e igiene cittadina, che stavano alla base della realizzazione e degli ammodernamenti (allargamenti stradali, nuovi tracciati viari, sventramenti, costruzione di servizi urbani, ecc.) che si intendevano operare nel centro della città" (Zuffanelli, in San Niccolò Oltrarno 1982, p. 66). La creazione dei viali con l'abbattimento delle mura è quindi da considerare alla base dei lavori di ingrandimento della città, e anzi era stato inizialmente previsto anche l'atterramento delle porte urbane che tuttavia – facendosi Poggi interprete dell'accorato appello di intellettuali e cittadini – furono riconosciute come memorie storiche e conservate, seppure ridotte a monumento e isolate all'interno delle nuove piazze e delle spianate alberate, anche quali termini di scorci prospettici che, fatte le debite proporzioni, rimandano alle soluzioni adottate da Haussmann a Parigi. Oltre a rispondere a queste precise necessità, l'abbattimento delle antiche mura (sul quale insistiamo vista la molta letteratura che in questo ha visto l'elemento più criticabile del progetto) non doveva comportare la perdita della forma urbana e la conseguente indifferenziazione del suo centro: i limiti dell'espansione poggiana erano infatti sottolineati da confini naturali e fisici precisi, tanto da richiamare quel concetto di quarta cerchia molto caro al Poggi, proprio ad evitare una crescita disordinata di una edificazione senza direzionalità. Eventualità che sarà proprio al centro dei timori del Poggi dopo il trasferimento della capitale, e che, se si è avverata, è per lo più da imputare al rapido e incontrollato sviluppo della città dopo la seconda guerra mondiale. Detto questo i viali (che originariamente erano stati pensati anche come argini a formare la difesa idraulica della città vecchia) non seguirono comunque sempre il tracciato delle antiche mura. Se sulla riva destra dell'Arno non si presentarono particolari difficoltà, sulla riva sinistra (dove pure l'abbattimento era stato considerato necessario anche e soprattutto per il risanamento dei quartieri che muovevano ribrezzo "per l'umidità e la luridezza") queste, a ridosso delle colline, non avrebbero comunque consentito la creazione del nuovo largo asse viario e, al tempo stesso, avrebbero visto venir meno una valida difesa contro gli smottamenti del terreno. Tali considerazioni, unite alla volontà del Poggi di sfruttare quest'area per poter salire di quota e consentire la visione panoramica della città, determinarono il particolarissimo tracciato dello stradone dei Colli. Per quanto poi riguarda nello specifico le piazze di cui qui proponiamo una rilettura, è inoltre da tenere presente l'attenzione riservata dal Poggi al tema del verde, affrontato nei tempi precedenti a Firenze solo per addivenire a interventi oltremodo limitati (si pensi al parterre di San Gallo), non sussistendo in città quei problemi (essenzialmente di inquinamento e di limitata ventilazione) che già invece erano già stati affrontati da altre grandi metropoli europee, quali Londra e Parigi. Il tutto in assoluta coerenza con quanto Giuseppe Poggi avrebbe ribadito successivamente in uno scritto del 1887: "I pregi di una gran città non si misurano nella maggiore aggregazione dei fabbricati, ma alternazione di questi con piazzali, giardini e parterri, i quali conferiscono alla città il triplice vantaggio di render buone le condizioni igieniche, di provvedere ogni quartiere di luoghi di diporto per le famiglie, di procurare alla città prospettive ridenti spesso con vantaggio delle condizioni estetiche di edifizi importanti". ...chiudi approfondimento
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