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San Pietro a Vaglia: Pala d’altare di Giovanni della Robbia
San Pietro a Vaglia: Pala d’altare di Giovanni della Robbia
Titolo: Il restauro della Pala d'altare di Giovanni della Robbia
Luogo: Chiesa di Santo Stefano, Vaglia (FI)
Data: maggio 2009
Esecuzione: Allievo Corso Restauro Ceramico, A.A. 2008/2009


Introduzione storico artistica
 
La Pala d’altare, in terracotta policroma parzialmente invetriata, è attribuita a Giovanni della Robbia e proviene dalla chiesa di Santo Stefano a Pescina.
Originariamente era divisa in tre sezioni da quattro pilastrini decorati con ghirlande di frutta. ll rilievo centrale rappresenta la Nativita’ e l’Adorazione dei pastori, rispettivamente a destra e a sinistra della scena principale, i Santi Stefano, patrono della chiesa, e Lorenzo.
La parte alta era riservata alla scena dell’Annunciazione di cui si conserva parte dell’angelo.
La sommità della pala è caratterizzata da un fregio continuo di cherubini e nella parte inferiore dell’altare era posto il tabernacolo delimitato da ghirlande vegetali sormontate da capitelli con delfini e al centro una decorazione a conchiglia.
Il restauro ha messo in evidenza la modellazione in gesso, non originale.
Alle estremità della predella compaiono gli stemmi delle famiglie dei Pazzi, i delfini, e dei Davanzati, un leone rampante, a sottolineare la committenza votiva della pala, realizzata in occasione delle nozze tra Giovanni di Niccolò Davanzati e Caterina di Ghinozzo Pazzi, avvenute nell’anno 1512; fanno parte della predella anche le formelle con i Santi Nicola di Bari (andata perduta), Sebastiano, Felicita e Antonio Abate, in mezze figure di piccole dimensioni.
Intorno al 1906 l’altare è stato oggetto di furto, sono stati sottratti, in particolare,  il presepio e i due tondi dell’Annunciazione.
 

Il restauro
 
La pala è formata da formelle in maiolica quasi tutte ancorate ad una struttura lignea con chiodi e staffe di ferro.
Nel progetto di restauro il principale obiettivo è stato quello del recupero strutturale della composizione attraverso un risanamento materico per poi restituire un’integrità figurativa atta a valorizzarne l’aspetto estetico, conferito sia dai valori plastici che da quelli cromatici.
Per prima cosa la superficie è stata interessata da un intervento di pulitura a secco con l’uso di un pennello a setole morbide che ha messo in evidenza lo stato conservativo e gli effettivi danni presenti, le fratture e le cadute di smalto.
Sul retro di ogni singola formella si è intervenuti con l’asportazione meccanica delle malte che ne riempivano le cavità, servendosi di scalpelli, spatole, bisturi e spazzolini a fibra sintetica.
Dopo essersi accertati della mancanza di cromie e dorature, la pulitura è stata eseguita tenendo conto delle diverse alterazioni subite da ciascuna formella.
Successivamente, laddove si è ritenuto necessario, le formelle sono state sottoposte a consolidamento in corrispondenza di cadute di smalto, fratture e microfratture, dovute sia alla cottura che alla pressione esercitata dalle malte e materiali inerti aggiunti negli interventi successivi.
Per migliorare la visibilità e restituire il più possibile una superficie omogenea nel rispetto dell’originale è stata adottata la tecnica dell’integrazione pittorica cosiddetta a puntinato.
Questo metodo di integrazione, attraverso una stesura puntiforme dei colori ad acqua totalmente reversibili, va a ricostruire le parti mancanti della decorazione in corrispondenza delle porzioni integrate, da un lato evitando l’evidenziarsi della lacuna, dall’altro ottenendo a distanza ravvicinata la sua riconoscibilità.
In corrispondenza delle parti integrate è stata applicata, come protezione, della cera microcristallina ed effettuata un’operazione di lucidatura con pietra d'agata, finalizzata a restituire la medesima lucentezza dello smalto delle parti originali.