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Quartiere Santa Maria Novella
Ubicazione Via de' Tornabuoni 19
Denominazione Palazzo Larderel
Altre denominazioni Palazzo Larderel Giacomini
Affacci via de' Giacomini 1, via delle Belle Donne 8
Proprietà Giacomini, Michelozzi Boni, Fleulard, Bellini delle Stelle, Beaufort, Larderel, Viviani della Robbia, Visconti di Grazzano, Palazzo Larderel Sas.
Architetti - Ingegneri Dosio Giovanni Antonio, Tincolini Pietro, Morozzi Guido.
Pittori - Scultori - Decoratori Nessun dato rilevato.
Uomini illustri Nessun dato rilevato.
Note storiche Il palazzo, con il fronte organizzato su tre piani per tre assi con finestre e portale timpanati, fu costruito in luogo di una casa grande già dei Giacomini e di altre degli Antinori e dei Del Buono a partire dall'ottobre del 1580 (data ricordata dai diaristi Lapini, Settimanni e altri) per gli stessi Giacomini, e fu a lungo di questa famiglia che vi abitò fino all'estinzione, nel 1793. Così annota Francesco Settimanni: "1580 a dì 10 ottobre lunedì. Si cominciò la fabbrica della casa d'Antonio Giacomini sul Canto di San Michele degli Antinori. Fu levato il disegno da quella de' Bartolini da Santa Trinita; e avendo alzato il muro da terra tre braccia, in una notte, gli furono portati via tutte le pietre, e il resto rovinato e guasto". L'architetto, per quanto non ricordato nelle memorie contemporanee, è unanimamente riconosciuto in Giovanni Antonio Dosio. Passato nel 1793 ai Michelozzi Boni, nel 1829 ai Fleulard di Roano, nel 1832 ai Bellini delle Stelle e 1836 ai Beaufort di Toledo, fu acquistato nel 1839 dai conti Larderel, per passare successivamente ai loro discendenti ed eredi. Francesco Bocchi così ne lodava le caratteristiche salienti: "con bellissime finestre inginocchiate con ornamento dorico di somma bellezza: ed è tutta la facciata dinanzi, oltra la singolar commodezza di dentro, divisata con tanto artifizio secondo il miglior modo, che oggi è in uso, che tanto lodare, come chiede la bisogna, giammai non si potrebbe". Anche Federico Fantozzi, pur con alcune pedanti precisazioni, ne sottolinea il pregio e l'importanza, gratificando il palazzo di una lunga descrizione nella sua guida del 1842: "la sua altezza è repartita in tre piani con giuste proporzioni, e ciascheduno di essi è diviso dall'altro da una cornice di bella e delicata modanatura alla sommità del parapetto delle finestre, e non al livello del solaio interno, come si converrebbe. Agli angoli sono pilastri d'ordine toscano in tutti e tre i piani: la porta e le finestre terrene sono decorate di mezze colonne doriche che sostengono i loro soprornati, e le finestre del primo e secondo piano hanno pilastrini dorici e trabeazioni simili. Il cornicione è architravato e ben repartito nel soffitto del gocciolatoio, ma i due modiglioni prossimi all'estremità, che quasi si toccano, generano confusione e dissonanza: l'insieme è proporzionato; i profili sono venusti, ma nella composizione, nel mescuglio degli ordini, e nella ripetizione di essi in tutti i piani, sembra che non vi sia né convenienza, né filosofia, né buon gusto. L'intendente però giudicherà qual grado d'encomio gli si debba tributare". Più recentemente Gino Chierici, sottolineando l'influenza del palazzo Bartolini sulla concezione del Dosio (si veda in effetti - nonostante alcune significative varianti - come corrispondano sia molti singoli elementi sia soprattutto il sistema di proporzioni che regola il fronte), così annotava: "la piccola facciata sembra restia a farsi notare; è come una musica in sordina, i cui motivi debbono essere colti da un orecchio al quale non sfuggono i toni lievi, sommessi, di raffinata purezza". E ancora Mazzino Fossi ne parlava in questi termini: "E' uno degli esempi più importanti del manierismo fiorentino. Il Dosio, valendosi intelligentemente di schemi tradizionali e più precisamente sangalleschi, dà, in quel momento della cultura fiorentina, un particolare tipo di palazzo dove le reminiscenze architettoniche fiorentine si uniscono a quelle della cultura romana contemporanea. L'ispirazione classica, nonché freddare la vena del Dosio, gli permette una realizzazione originale e largamente stimolante. Nell'interno sono mantenuti quasi tutti gli ambienti originali". Per quanto riguarda le vicende conservative si segnala un intervento di ripristino della facciata nel 1840 e ancora negli anni settanta dell'Ottocento, condotto dall'architetto Pietro Tincolini. Nel 1966-1967 il palazzo fu poi oggetto di un complesso intervento di restauro attuato con il contributo del Ministero della Pubblica Istruzione, diretto dall'architetto Guido Morozzi e premiato dalla Fondazione Giulio Marchi nel 1969. L'intervento consistette "essenzialmente nel rifacimento degli intonaci esterni con grassello di calce e coloritura e nel restauro e consolidamento delle parti lapidee, anche con il ripristino di alcune parti mancanti come i quartaboni ed i frontespizi delle finestre" (Pietrogrande). Sulla cantonata è uno scudo con l'arme dei Giacomini (di rosso, alla banda d'oro e al lambello a cinque pendenti d'azzurro attraversante in capo), antichi proprietari del palazzo, e uno con quella dei Larderel (d'ermellino, alla gemella in fascia alzata di rosso, accompagnata da un monticello infiammato e fumante al naturale, uscente dalla punta), posto durante i lavori degli anni settanta dell'Ottocento e già decisamente eroso. Negli interni, secondo quanto riportato dalla letteratura, si mantengono quasi tutti gli ambienti originali. Il palazzo appare nell'elenco redatto nel 1901 dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, quale edificio monumentale da considerare patrimonio artistico nazionale.
Bibliografia
dettaglio
Bocchi-Cinelli 1677, p. 207; Ruggieri 1722-1728, I, 1722, tavv. 47-51; Zocchi 1744, tav. XII; Del Bruno 1757, p. 117; Cambiagi 1765, p. 187; Cambiagi 1771, p. 198; Cambiagi 1781, p. 185; Thouar 1841, p. 375; Fantozzi 1842, p. 532; Fantozzi 1843, p. 45, n. 70; Firenze 1845, p. 143; Formigli 1849, p. 130; Firenze 1850, p. 124; Burci 1875, p. 115; Mazzanti-Del Lungo 1876, tavv. XL-XLII (note storiche di Iodoco Del Badia, pp. 17-18); Bacciotti 1879-1886, III, 1886, p. 544; Stegmann-Geymüller 1885-1908, IX, p. 2, tavv. 1-3 (Dosio); Carocci 1897, p. 48; Elenco 1902, p. 249; Ross 1905, p. 133; Limburger 1910, n. 367; Garneri 1924, p. 125, n. LXXI; Chierici 1952-1957, II, 1954, p. 187; Limburger-Fossi 1968, n. 367; Bucci-Bencini 1971-1973, III, 1973, pp. 49-53; Ginori Lisci 1972, I, pp. 237-239; Palazzi 1972, p. 122, n. 224; Firenze 1974, p. 283; Zucconi 1995, p. 93, n. 132; Bargellini-Guarnieri 1977-1978, IV, 1978, pp. 192-193; Zocchi-Mason 1981, pp. 54-55; Pietrogrande 1994, pp. 64-65; Cesati 2005, II, p. 690; Firenze 2005, p. 260.
Approfondimenti Donato Cellesi, Sei fabbriche di Firenze disegnate e incise da Donato Cellesi, Firenze, 1851; Il Palazzo Giacomini ora De Larderel, in "Arte e Storia", XV, 1896, 7, p. 50; Vera Daddi Giovannozzi, Il Palazzetto Giacomini Larderel del Dosio, in "Rivista d'Arte", XVII, 1935, pp. 14-15; Il restauro del palazzo Larderel, in "Giornale del Mattino", 4 gennaio 1966; Cinque palazzi premiati, in "La Nazione", 21 aprile 1970; Carolyn Valone, Giovanni Antonio Dosio and his Patrons, Dissertation, Evanston - Illinois, Northwestern University, 1972, pp. 235-239; Gianluigi Maffei, Palazzo de Larderel-Giacomini, in Via Tornabuoni: il salotto di Firenze, a cura di Mariaconcetta Fozzer, Firenze, Loggia de' Lanzi Editori, 1995, p. 55; Clelia di Lucia, Il Palazzo dei Giacomini, in Giovan Antonio Dosio da San Gimignano architetto e scultor fiorentino tra Roma, Firenze e Napoli, a cura di Emanuele Barletti, Firenze, Edifir, 2011, pp. 418-445; Alessandra Marino, Claudio Paolini, Via de' Tornabuoni. I palazzi, Firenze, Polistampa 2014, pp. 80-85 (Palazzo Larderel); Claudio Paolini, Vincenzo Vaccaro, Via de' Tornabuoni. Una storia per immagini, Firenze, Polistampa, 2014, pp. 19-22 (I restauri del Novecento); Angiolo Pucci, I giardini di Firenze, IV, Giardini e orti privati della città, a cura di Mario Bencivenni e Massimo de Vico Fallani, Firenze, Leo S. Olschki, 2017, p. 104.
Documentazione fotografica Archivi Scala, Bagno a Ripoli (Firenze): 0072225 (veduta d'insieme di scorcio del prospetto su via de' Tornabuoni). Fototeca dei Musei Civici Fiorentini, Firenze: 6412 (veduta del fronte principale del palazzo, 1933 ca.). Archivio fotografico SBAP, Firenze: 4818, 4819, 4820, 4821, 4822, 4823, 4824, 4825 (veduta d'insieme e particolari del prospetto su via de' Tornabuoni con evidenziati gli elementi lapidei degradati, 1945 circa); 30568 (veduta d'insieme del prospetto su via de' Tornabuoni chiuso dai ponteggi del cantiere di restauro, 1966); 30569, 30570, 30571, 30572 (particolari di elementi lapidei del prospetto durante l'intervento di restauro, 1966); 36514, 36515 (vedute d'insieme del prospetto su via de' Tornabuoni dopo l'intervento di restauro, 1967); 36516, 36517 (vedute parziali del prospetto dopo l'intervento di restauro, 1967); 175020, 175021, 175022, 175023, 175024 (varie vedute di ambienti al piano terreno, 1994).
Risorse in rete Sull'edificio sono alcuni file multimediali reperibili su rete telematica, a partire dalla voce Palazzo Larderel su Wikipedia.
Codice SBAPSAE FI0201
ID univoco regionale 90480170270
Data creazione 25/11/2008
Data ultima modifica 28/03/2021
Data ultimo sopralluogo 20/07/2015
Autore della scheda Claudio Paolini.
Tags Campo in corso di revisione.
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