NewsNewsgiovedì 22 giugno 2017
Restauro del Sepolcro di Camille Lachembacher - Cimitero delle Porte Sante
Restauro del Sepolcro di Camille Lachembacher - Cimitero delle Porte Sante
Titolo: Sepolcro di Camille Lachembacher
Luogo: Cimitero di San Miniato
Data: restauro concluso
Esecuzione: Allievi Corso Restauro del Materiale Lapideo

Sepolcro di Camille Lachembacher

Introduzione storico artistica

Il sepolcro è costituito da un’ampia lastra tombale (le iscrizioni incise sono al momento quasi totalmente illeggibili) con un vaso di fiori (sul cui basamento è leggibile un’iscrizione) posizionato su uno dei lati brevi. La lastra introduce ad un sarcofago a forma di parallelepipedo posto perpendicolarmente sull’altro lato breve. Sul fronte del sarcofago figura una croce e adagiato sul coperchio un angelo in marmo, scolpito a grandezza naturale. L’angelo, semi disteso, si sorregge la testa con un braccio mentre con l’altro è intento nel gesto di lasciar cadere delicatamente un mazzolino di fiori sopra la lastra tombale. Il viso è disteso, malinconico e meditativo, lo sguardo è basso rivolto verso la lastra. Sul lato sinistro del coperchio del sarcofago è ancora parzialmente leggibile l’incisione con la firma e la data dell’autore, Ulisse Cambi.

Sulla lastra tombale, ad incisione, in francese, in lettere capitali: CAMILLE LACHEMBACHER / NÉE A VIENNE LE 9 SEPTEMBRE 1845 / DECEDÉE A FLORENCE LE 3 MAI 1870 / ROSALIE GUTMANSTHAL LACHEMBACHER / NÉE A PRAGUE LE 13 FEVRIERE 1817 / DECEDÉE A FLORENCE LE 29 JANVIER 1901.
Tali iscrizioni sono state recuperate dalla schedatura OA e ne è stata verificata l’attendibilità durante i sopralluoghi, poiché al momento attuale risultano quasi totalmente illeggibili.
Sul basamento del vaso di fiori, nel lato destro, ad incisione, in lettere capitali: GIANNELLI.
Sul coperchio del sarcofago, nel lato sinistro, ad incisione, in lettere capitali: U. CAMBI F. 1871.

Il sepolcro Lachembacher è firmato e datato dall’autore, Ulisse Cambi, che nasce a Firenze nel 1807 e vi muore nel 1895. Illustre scultore toscano, figlio a sua volta di uno scultore inizia la sua formazione all’Accademia di Belle Arti di Firenze (di cui diventerà professore) per poi perfezionarsi a quella di San Luca a Roma. Una volta tornato a Firenze si avvicina alle teorie di Lorenzo Bartolini al quale si ispira per la sua produzione di sculture e monumenti. Di Bartolini fa sua l’idea naturalistica nella rappresentazione scultorea, allontanandosi dall’approccio accademico basato sull’idealità della figura. Negli anni Cambi è autore di diverse sculture e monumenti sepolcrali, tra i quali si ricordano due suoi pregevoli lavori: il monumento al pittore Sabatelli per la Chiesa di Santa Croce a Firenze del 1844 e l’anno successivo la statua di Benvenuto Cellini per il loggiato degli Uffizi. Per il cimitero delle Porte Sante a San Miniato al Monte esegue il famoso monumento alla marchesa Vettori Guerrini, nel 1881 e dieci anni prima, nel 1871, il busto di Ferdinando Quercioli per la Cappella Quercioli e il monumento funebre Lachembacher, entrambi prodotti nella fase matura dell’artista. Il Cambi fu artista operoso ed instancabile fino alla sua morte nel 1895, quando lui stesso fu sepolto insieme alla moglie Giuditta Cioni al cimitero delle Porte Sante. Il suo monumento funebre si ritiene non sia autografo ma prodotto dalla sua stessa bottega per mano del nipote Alfonso (tesi sostenuta da Giancarlo Gentilini autore della relativa scheda per la Soprintendenza). Si devono al Cambi molti dei più stimati monumenti funebri che abbelliscono i cimiteri di Firenze e di tante altre città italiane.

Nell’angelo prodotto per il sepolcro Lachembacher intento nel far cadere un mazzolino di fiori sopra la lastra tombale sottostante, si ritrova un atteggiamento naturalistico che richiama il gusto romantico di matrice fiorentina inaugurato dal suddetto Lorenzo Bartolini. Così sostiene Graziella Cirri, che continua dicendo: “…Il panneggio dell’abito non cade morbido sulle membra rilassate dell’angelo, ma è bloccato da pieghe rigide che contrastano con il vellutato modellato dell’incarnato. Il volto malinconico e meditativo conduce l’occhio dell’osservatore verso la croce posta lungo il lato maggiore del sarcofago, quasi a dare una risposta religiosa all’infausto evento.”

Inoltre, tra le produzioni di Ulisse Cambi, Gigi Salvagnini, rintraccia delle assonanze stilistiche tra l’angelo di questo sepolcro e il monumento funebre di Giuseppe Vettori, collocato nel Cimitero dei Pinti a Firenze (si presume fosse parente della marchesa Vettori Guerrini, del sepolcro sopra citato). Anche il materiale di realizzazione è il medesimo: marmo bianco e marmo bardiglio per entrambi i monumenti.

La lastra tombale con vaso per fiori, collocata perpendicolarmente al sarcofago firmato da Cambi, porta sul basamento del vaso un ulteriore iscrizione ad incisione con il nome di quello che potrebbe essere un autore ulteriore (GIANNELLI). Un’ ipotesi potrebbe essere infatti che il monumento funebre sia stato assemblato in due momenti diversi, considerando anche la distanza di 31 anni tra le morti delle due defunte. Avvalorando questa tesi si presume che il sarcofago con l’angelo (datato 1871) sia opera di Ulisse Cambi (come da iscrizione) mentre la lastra con vaso per fiori possa essere stata aggiunta successivamente (o modificata), alla morte della seconda Lachembacher, e commissionata ad una bottega di manufatti funebri dell’epoca (tale Giannelli). Anche il soggetto, una lastra tombale con vaso per fiori, risulta essere più tipico della produzione funebre su ampia scala, piuttosto che un’opera da commissionare ad un’artista. Valutando però lo stato di conservazione e di degrado della lastra e del sarcofago con angelo, i due elementi sembrerebbero coevi. Potrebbe allora essere plausibile che soltanto il vaso per fiori sia stato aggiunto successivamente, magari come dono da parte di qualche caro delle defunte. In questo caso l’iscrizione potrebbe riferirsi al nome del donatore o a quella dell’autore.

Per quanto riguarda invece le due defunte Lachembacher, non sono state reperite notizie a proposito.


Stato di conservazione

La mancata manutenzione dell’opera ha portato a trasformare quelle che in origine potevano essere lette come leggere alterazioni (cromatiche e simili) in fenomeni di degrado macroscopici e diffusi.

Angelo

Annerimento dovuto a patina biologica distribuito quasi omogeneamente su tutta la figura, fatta accezione per alcune zone dove il ruscellamento e lo sgocciolamento dell’acqua risulta maggiore, provocando fenomeni di dilavamento più visibili. In particolare alcune zone del viso, del collo e della mano destra, parte del piede destro, alcuni particolari in aggetto del panneggio e alcuni zone delle ali sul retro. La punta dell’alluce, dell’indice e del dito medio del piede sinistro non sono stati aggrediti da patina biologica, forse per una natura diversa del materiale in quello specifico punto. Risulta ancora del colore originario anche un piccolo particolare di panneggio che si colloca in sottosquadro rispetto alla gamba sinistra dell’angelo.
Si apprezzano licheni di varia colorazione e natura (bianco, giallastro, grigio e nero) distribuiti anch’essi in maniera quasi omogenea, con maggior concentrazione nel panneggio dell’abito e nella parte alta della nuca.
Sul retro dell’ala destra e nella scapola destra (punto fortemente in sottosquadro) si nota una patina verdastra dovuta alla formazione di alghe che qui si sono sviluppare maggiormente in quanto la zona risulta più umida. Inoltre qui è presente anche una estesa concrezione di nuova formazione di materiale carbonatico (figura 5), disciolto dalle piogge acide e risolidificato grazie al fenomeno di carbonatazione. Questa concrezione risulta poco coesa e solfatata, per via della condensa acida che in questa zona nascosta e molto umida, riesce meglio a formarsi e permanere. Sempre l’umidità ha agevolato il formarsi di vegetazione (muschi) sull’abito all’altezza dell’incavo tra il bacino e le cosce dell’angelo. Sempre nell’incavo si apprezza un deposito superficiale formato da aghi di pino, fogliame e piccole conchiglie.
La superficie risulta molto ruvida al tatto a causa di fenomeni di erosione da piogge acide. Queste hanno disciolto il materiale carbonatico e provocato una degradazione differenziale che mette in vista sotto forma di concrezioni più alte le venature del marmo (la parte più dura del materiale). Il fenomeno si ravvisa su tutta la figura tranne che nelle zone in sottosquadro e nelle parti del volto molto dilavate, dove la carbonatazione non è riuscita ad agire per via del ruscellamento continuo dell’acqua. Le venature sono maggiormente visibili nell’avanbraccio sinistro, nella mano sinistra e nel mazzolino di fiori.
Sul dito medio della mano destra e sulla spalla destra dell’angelo si notano delle altre concrezioni di carbonato di calcio di nuova formazione, più coese delle precedenti e non ancora solfatate.

Sarcofago

Annerimento dovuto a patina biologica distribuito quasi omogeneamente su tutta la superficie fatta eccezione per la zona intorno alla croce, la croce stessa e per gli spigoli del sarcofago soggetti a maggiore ruscellamento d’acqua. Si apprezzano licheni di varia colorazione e natura (bianco, grigio e nero) distribuiti in maniera omogenea su tutto il sarcofago. La superficie risulta ruvida a causa di erosione da piogge acide come nel caso dell’angelo, ed è estesa su tutta l’opera tranne che nelle zona della croce in sottosquadro. Sul fronte sinistro del sarcofago si nota una frattura che si sviluppa orizzontalmente dal bordo sinistro verso destra, parallelamente al basamento, lunga circa 50 cm.
Sul lato destro del sarcofago si nota una frattura perpendicolare al basamento lunga circa 20 cm; sul lato sinistro due fratture, una parallela al basamento lunga circa 60 cm che si congiunge con quella sul fronte e una più piccola perpendicolare. Sul retro 3 piccole fratture perpendicolari al basamento che si sviluppano dal basso verso l’alto.
Sempre sul fronte del sarcofago, nella congiunzione con la lastra tombale, c’è un distacco totale del materiale con dislocamento dei due elementi di circa 1 cm in avanti.
L’iscrizione ad incisione con la firma dell’autore, collocata nella parte sinistra del coperchio del sarcofago risulta solo parzialmente leggibile. 

Lastra tombale

Annerimento dovuto a patina biologica distribuito omogeneamente su tutta la superficie fatta eccezione per lo spigolo destro che risulta più chiaro. Si apprezzano licheni di varia colorazione e natura (bianco, giallastro, grigio e nero) distribuiti anch’essi in maniera omogenea, con maggior concentrazione nella parte centrale della lastra dove si nota un grande lichene bianco di diametro di 9 cm circa. Le iscrizioni ad incisione al centro della lastra risultano quasi del tutto illeggibili.
Come negli altri casi la superficie è ruvida (erosione da piogge acide) ed estesa su tutta l’opera. Sul lato destro si notano due fratture che si sviluppano perpendicolari al basamento e si allungano per tutto lo spessore del lato fino ad arrivare alla faccia della lastra; una di queste (la più lunga) taglia la lastra all’incirca nel centro. Anche sul lato sinistro una frattura perpendicolare al basamento si allunga fino alla faccia.
Sul fronte sinistro una frattura perpendicolare al basamento si allunga in maniera diagonale verso sinistra e sul fronte destro si notano dei residui di malta che dal bordo destro si allungano orizzontalmente verso sinistra, in maniera lineare (circa 10 cm), come se si fosse staccata la lastra da un’altra collocazione o mancasse in quel punto un elemento che vi era stato apposto. Alla base della lastra, così come alla base del sarcofago, nella zona in contatto col terreno, si apprezza la presenza di vegetazione.

Vaso per fiori

Annerimento dovuto a patina biologica distribuito omogeneamente su tutta la superficie fatta eccezione per lo spessore del bordo del vaso che risulta più chiaro. Licheni di varia colorazione e natura (bianco, giallastro, grigio e nero) sono distribuiti in maniera più o meno omogenea. La superficie è ruvida (erosione da piogge acide) ed estesa su tutta l’opera. Sul lato destro del basamento si legge bene una iscrizione.


Il restauro

Si prevedono le seguenti fasi operative:

  • Documentazione fotografica prima, durante e dopo il restauro.

  • Documentazione grafica degli agenti di degrado.

  • Trattamento e rimozione degli organismi biodeteriogeni mediante applicazione di biocida a base di sali di ammonio quaternario (tipo Biotin R altro specifico richiesto dalla D.L.). Il prodotto sarà steso a pennello e laddove necessario sarà applicato a iniezione.

  • Spolveratura di tutti i depositi superficiali, compresi quelli più coerenti di vario spessore. La pulitura sarà eseguita a secco con pennelli di setole morbide e aspirapolvere.

  • Preconsolidamento localizzato nelle parti più degradate.

  • Rimozione meccanica delle alghe e dei licheni e per la rimozione della patina biologica si interviene con impacchi di perossido di idrogeno.

  • Pulitura chimica delle superfici in marmo e in bardiglio finalizzata alla rimozione completa dei biodeteriogeni e dei depositi più consistenti e concrezionati. Verranno eseguite prove preliminari con vari metodi pulitura i saggi saranno eseguiti nelle parti meno visibili con:

  1. solventi e acqua distillata. Se necessario l’operazione potrà prevedere mediante impacco chimico, rimuovendo il materiale mediante spazzolini a setole morbide ed effettuando risciacquo finale delle superfici con spazzolini/nebulizzatori e spugne;
  2. impacchi localizzati con polpa di cellulosa e soluzione al 10% di carbonato d’ammonio con differenti tempi di posa;
  3. in casi particolari, ovvero laddove il modellato era particolarmente delicato e con rischi di cadute, sarà impiegata la strumentazione Laser, che permette la rimozione dei depositi senza contatto diretto con le superfici.
  • Consolidamento delle superfici lapidee, mediante il trattamento realizzato tramite la stesura di silicato d’etile in White spirit con impiego di pennelli e siringhe fino ad imbibizione e rifiuto, tamponando gli eccessi.

  • Consolidamento strutturale mediante il riposizionano delle lastre sconnesse e incollaggio con resina epossidica bicomponente.

  • Stuccature delle fratture o eventuali discontinuità tramite idonee malte e strumenti di precisione, effettuando una colmatura a livello e compattando la malta anche a più riprese fino a finitura. I leganti della malta saranno di calce aerea (grassello di calce) e calce idraulica desalinizzata (Lafarge o altro prodotto idoneo all’uso specifico) caricata con inerti costituiti di polvere di marmo e sabbie silicee, selezionate in base alle caratteristiche del supporto trattato (cromia, grana, resistenza meccanica). Verranno impiegate terre superventilate, selezionate per colore e provenienza, per raggiungere la tonalità della pietra originaria. Se necessario, per rendere più resistente la malta, saranno impiegate resine acriliche (tipo AC33 o altro prodotto idoneo all’uso specifico) in soluzione al 3%.

  • Trattamento delle lettere in piombo per mezzo di una pulitura meccanica.

  • Ripresa pittorica delle scritte incise mancanti della niellatura in piombo e dove sono presenti discontinuità cromatiche tali da essere causa di disturbo nella lettura dell’opera. L’operazione sarà eseguita per riprese o velature in sottotono mediante pennelli di precisione con colore miscelato a pigmenti di terre super ventilate, collanti reversibili.

  • Trattamento protettivo delle superfici finale sarà steso un protettivo che prolunghi nel tempo la conservazione.

 
DSC04345 DSC04344
Camille-Lachembacher FGL_OS_014